martedì 3 dicembre 2013

Le "Catacombe dei Cappuccini" di Palermo

A Palermo tra i complessi catacombali veri e propri vanno annoverate la Catacomba paleocristiana di Porta d'Ossuna, dal nome del viceré Pietro Giron duca d'Ossuna, e quella non meno importante, anche per l'anomala tipologia, di S. Michele che si sviluppa, presso il complesso gesuitico di Casa Professa, al di sotto della Chiesa medievale di S. Maria della Grotta.
A questi vanno altresì aggiunti altri complessi ipogeici minori, attualmente non accessibili. Sono vere e proprie opere architettoniche “costruite” scavando opportunamente il banco di calcarenite giallastra su cui si sviluppa la città di Palermo e non grotte o cunicoli atte ad evocare, più o meno romanticamente, la nostra fantasia. Non vanno confuse quindi con il cimitero ipogeico dei Cappuccini, che come “catacomba” viene inopportunamente presentato ancora oggi a turisti e visitatori della nostra città.
Volendo quindi descrivere le cosidette  "Catacombe dei Cappuccini" bisogna innanzitutto dire che queste sorsero come semplice luogo di sepoltura di un gruppo di religiosi e il loro attuale sviluppo ed aspetto lo si deve, per certi versi, al caso. L'Ordine dei frati minori cappuccini, fondato nel 1520 è uno dei tre ordini mendicanti che costituiscono i Francescani. Giunti a Palermo nel 1534, i Cappuccini, come era consuetudine, costruirono fuori le mura la loro chiesa dietro la quale inizialmente seppellirono i loro morti in una fossa comune presso il lato meridionale della chiesa.
Intorno al 1599 i frati trasferirono le salme di 40 frati precedentemente sepolti nella fossa comune, dimostratasi insufficiente, in una cavità naturale presente al di sotto dell’altare maggiore della chiesa. Ben presto, si rese necessario ampliare anche questa, perchè ormai satura, realizzando la prima parte del corridoio dei frati. Le salme furono poste tutte attorno alle pareti, collocando al centro in una nicchia l’immagine della Madonna, oggi non più esistente. Ripresi i lavori di ampliamento nel 1601, fu scavata una seconda stanza, la seconda parte del corridoio dei frati, a cui si arrivava per mezzo di una scala con accesso dalla sagrestia. Dal 1601 al 1678 si continuò a scavare unificando il corridoio dei frati e realizzando buona parte di quello degli uomini; i lavori continuarono fino al 1732 con la realizzazione del corridoio dei professionisti e di parte di quello delle donne, raggiungendo l’attuale dimensione: quattro corridoi formanti un impianto di forma rettangolare diviso da un quinto corridoio, quello dei sacerdoti. La sistemazione definitiva fu opera del frate architetto Felice La Licata da Palermo nel 1823. Dopo di allora si effettuarono soltanto opere di manutenzione ordinaria o straordinaria, come quelle successive ai bombardamenti dell'11 marzo del 1943 che distrussero l'altare del Crocifisso, posto in fondo al corridoio dei professionisti.
La fama delle “catacombe” è soprattutto legata al fatto che dal Seicento fino al 1881 furono scelte come luogo di eterno riposo dai cittadini più in vista di Palermo. Lungo i corridoi riservati a uomini, donne, professionisti ed ecclesiastici, si contano circa 8000 corpi scheletriti, mummificati, alcuni imbalsamati altri deposti in urne e bare. La visione può risultare sconcertante e inquietante e forse proprio per questo ha destato la curiosità di diversi visitatori fra cui il poeta Ippolito Pindemonte, che visitò le catacombe nel giorno dei morti nel 1779 e le decantò nei versi “I Sepolcri”, (vv. 126-136):
 
«..:spaziose, oscure
stanze sotterra, ove in lor nicchie, come
simulacri diritti, intorno vanno
corpi d'anima voti, e con que' panni
tuttora, in cui l'aura spirar fur visti;
sovra i muscoli morti e su la pelle
così l'arte sudò, così caccionne
fuori ogni umor, che le sembianze antiche,
non che le carni lor, serbano i volti
dopo cent'anni e più: Morte li guarda,
e in tema par d'aver fallito i colpi».


La città di Palermo, grata e riconoscente all’illustre poeta, chiamò la strada che porta alla Chiesa e quindi al cimitero "Via Pindemonte". Sembra che Giacomo Leopardi abbia tenuto presente questo passo dei Sepolcri del Pindemonte nel suo Paralipomeni della Batracomiomachia, (un ampio poemetto satirico in ottave scritto a partire dal 1831 durante il suo soggiorno napoletano) al canto VIII , stanza 16:

Son laggiù nel profondo immense file
di seggi ove non può lima o scarpello,
seggono i morti in ciaschedun sedile
con le mani appoggiate a un bastoncello,
confusi insiem l'ignobile e il gentile
come di mano in man gli ebbe l'avello.
Poi ch'una fila è piena, immantinente
da più novi occupata è la seguente.
Colatoio, Catacombe dei Cappuccini

Oltre al Pindemonte le “Catacombe” destarono la curiosità del celebre scrittore francese Guj de Maupassant che, avendole visitate nell’anno 1885, si soffermò lungamente sul metodo dell’essiccamento. In effetti la mummificazione era un’opera di perfezionamento di uno stato di straordinaria conservazione che l’ambiente sotterraneo costituito da rocce calcarenitiche, con la sua temperatura e umidità costante garantiva, consentendo l’essiccazione dei corpi anziché la loro completa decomposizione. Il procedimento di mummificazione (naturale) appresso descritto, era praticato a Palermo da e per i religiosi in altre
Colatoio, Chiesa di S.Orsola dei Neri
cripte di chiese, cappelle ed oratori quali quella di S.Orsola dei Neri, dei Cocchieri, delle Ree Pentite, del Carminello etc. e fuori Palermo ad esempio a S.Stefano di Quisquina o a Burgio. Dopo la cerimonia funebre, le salme venivano poste all'interno dei colatoi (stanze il cui perimetro era delimitato da lettucci composti da doccioni di terracotta o “catusi”su cui venivano distese le salme) dove rimanevano per un periodo da otto mesi ad un anno; il tempo necessario perché si decomponessero in maniera naturale, liberando i liquami e pervenendo ad un primo stadio di essiccamento. Dai colatoi i cadaveri venivano trasportati in un recinto chiuso e ventilato dove venivano lavati e ripuliti con aceto, quindi esposti all’aria per diversi giorni. In alcuni casi, specie durante le epidemie, i corpi venivano trattati con un bagno in arsenico o in latte di calce. Sembra che il bagno in latte di calce divenne poi consueto in aggiunta al metodo di essiccamento in colatoio. La salma, dopo il trattamento, si riduceva allo stato di scheletro, non di rado rivestito anche da uno strato dell’epidermide originale, ben conservato e più resistente. Veniva rivestito, utilizzando a volte della paglia per riconfigurare il volume del corpo, e inchiodato a un asse di legno
La piccola Rosalia Lombardo
per consentirne la collocazione e il posizionamento. Questa pratica continuò fino al 1885, anno in cui i frati cominciarono a rispettare il divieto delle essicazioni sancito nel 1881, con una eccezione. Nel 1920 fu riposta e imbalsamata la salma delle piccola Rosalia Lombardo, morta il 6 dicembre di quell’anno, mummificata secondo i canoni tradizionali ma imbalsamata dal Dottor Alfredo Salafia. Questi
(Palermo, 7 novembre 1869 – Palermo, 31 gennaio 1933), aveva messo a punto un metodo di conservazione della materia organica basato sull'iniezione di sostanze chimiche. Dopo aver applicato a lungo il proprio sistema per esperimenti tassidermici, nel 1900 ottenne il permesso di sperimentare il composto su cadaveri umani. La perfetta conservazione dei corpi suscitò presto ammirazione ed interesse, così venne convocato per restaurare il corpo di Francesco Crispi, imbalsamato a Napoli, ma giunto a Palermo in condizioni di conservazione precarie.
Grazie alla minuziosa opera di restauro fu chiamato per la preparazione di personaggi preminenti, in modo tale che le loro salme potessero essere esposte per un lasso di tempo prolungato. Tra essi si ricordano il Cardinal Michelangelo Celesia, Il Senatore Giacomo Armò, l’Editore Salvatore Biondo, e l’etnografo Giuseppe Pitrè. Il Dottor Salafia non svelò mai il procedimento chimico utilizzato. Nel caso di Rosalia Lombardo i risultati sono ancor oggi visibili : la piccola, grazie alla pienezza dei tratti del viso, sembra solo addormentata.


Bibliografia:

Flaviano D. Farella - Cenni storici della chiesa e delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo
Ed. “Fiamma Serafica” 1982 Palermo.
Dario Piombino Mascali - Il Maestro del Sonno Eterno. Presentazione di Arthur C. Aufderheide. Prefazione di Albert R. Zink. Ed. La Zisa, 2009 Palermo.

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