A Palermo tra i complessi catacombali veri e propri
vanno annoverate la Catacomba paleocristiana di Porta d'Ossuna, dal
nome del viceré Pietro Giron duca
d'Ossuna, e quella non meno importante, anche per l'anomala
tipologia, di S. Michele che si sviluppa, presso il complesso
gesuitico di Casa Professa, al di sotto della Chiesa medievale di S.
Maria della Grotta.
A questi vanno altresì aggiunti altri complessi ipogeici minori, attualmente non accessibili. Sono vere e proprie opere architettoniche “costruite” scavando opportunamente il banco di calcarenite giallastra su cui si sviluppa la città di Palermo e non grotte o cunicoli atte ad evocare, più o meno romanticamente, la nostra fantasia. Non vanno confuse quindi con il cimitero ipogeico dei Cappuccini, che come “catacomba” viene inopportunamente presentato ancora oggi a turisti e visitatori della nostra città.
Volendo quindi descrivere le cosidette "Catacombe dei Cappuccini" bisogna innanzitutto dire che queste sorsero come semplice luogo di sepoltura di un gruppo di religiosi e il loro attuale sviluppo ed aspetto lo si deve, per certi versi, al caso. L'Ordine dei frati minori cappuccini, fondato nel 1520 è uno dei tre ordini mendicanti che costituiscono i Francescani. Giunti a Palermo nel 1534, i Cappuccini, come era consuetudine, costruirono fuori le mura la loro chiesa dietro la quale inizialmente seppellirono i loro morti in una fossa comune presso il lato meridionale della chiesa.
A questi vanno altresì aggiunti altri complessi ipogeici minori, attualmente non accessibili. Sono vere e proprie opere architettoniche “costruite” scavando opportunamente il banco di calcarenite giallastra su cui si sviluppa la città di Palermo e non grotte o cunicoli atte ad evocare, più o meno romanticamente, la nostra fantasia. Non vanno confuse quindi con il cimitero ipogeico dei Cappuccini, che come “catacomba” viene inopportunamente presentato ancora oggi a turisti e visitatori della nostra città.
Volendo quindi descrivere le cosidette "Catacombe dei Cappuccini" bisogna innanzitutto dire che queste sorsero come semplice luogo di sepoltura di un gruppo di religiosi e il loro attuale sviluppo ed aspetto lo si deve, per certi versi, al caso. L'Ordine dei frati minori cappuccini, fondato nel 1520 è uno dei tre ordini mendicanti che costituiscono i Francescani. Giunti a Palermo nel 1534, i Cappuccini, come era consuetudine, costruirono fuori le mura la loro chiesa dietro la quale inizialmente seppellirono i loro morti in una fossa comune presso il lato meridionale della chiesa.
Intorno al 1599 i frati trasferirono le
salme di 40 frati precedentemente sepolti nella fossa comune,
dimostratasi insufficiente, in una cavità naturale presente al di
sotto dell’altare maggiore della chiesa. Ben presto, si rese
necessario ampliare anche questa, perchè ormai satura, realizzando
la prima parte del corridoio dei frati. Le salme furono poste tutte
attorno alle pareti, collocando al centro in una nicchia l’immagine
della Madonna, oggi non più esistente. Ripresi i lavori di
ampliamento nel 1601, fu scavata una seconda stanza, la seconda parte
del corridoio dei frati, a cui si arrivava per mezzo di una scala con
accesso dalla sagrestia. Dal 1601 al 1678 si continuò a scavare
unificando il corridoio dei frati e realizzando buona parte di quello
degli uomini; i lavori continuarono fino al 1732 con la realizzazione
del corridoio dei professionisti e di parte di quello delle donne,
raggiungendo l’attuale dimensione: quattro corridoi formanti un
impianto di forma rettangolare diviso da un quinto corridoio, quello
dei sacerdoti. La sistemazione definitiva fu opera del frate
architetto Felice La Licata da Palermo nel 1823. Dopo di allora si
effettuarono soltanto opere di manutenzione ordinaria o
straordinaria, come quelle successive ai bombardamenti dell'11 marzo
del 1943 che distrussero l'altare del Crocifisso, posto in fondo al
corridoio dei professionisti.
La fama delle “catacombe” è
soprattutto legata al fatto che dal Seicento fino al 1881 furono
scelte come luogo di eterno riposo dai cittadini più in vista di
Palermo. Lungo i corridoi riservati a uomini, donne, professionisti
ed ecclesiastici, si contano circa 8000 corpi scheletriti,
mummificati, alcuni imbalsamati altri deposti in urne e bare. La
visione può risultare sconcertante e inquietante e forse proprio per
questo ha destato la curiosità di diversi visitatori fra cui il
poeta Ippolito Pindemonte, che visitò le catacombe nel giorno dei
morti nel 1779 e le decantò nei versi “I Sepolcri”, (vv.
126-136):
«..:spaziose, oscure
stanze sotterra, ove in lor nicchie, come
simulacri diritti, intorno vanno
corpi d'anima voti, e con que' panni
tuttora, in cui l'aura spirar fur visti;
sovra i muscoli morti e su la pelle
così l'arte sudò, così caccionne
fuori ogni umor, che le sembianze antiche,
non che le carni lor, serbano i volti
dopo cent'anni e più: Morte li guarda,
e in tema par d'aver fallito i colpi».
stanze sotterra, ove in lor nicchie, come
simulacri diritti, intorno vanno
corpi d'anima voti, e con que' panni
tuttora, in cui l'aura spirar fur visti;
sovra i muscoli morti e su la pelle
così l'arte sudò, così caccionne
fuori ogni umor, che le sembianze antiche,
non che le carni lor, serbano i volti
dopo cent'anni e più: Morte li guarda,
e in tema par d'aver fallito i colpi».
La
città di Palermo, grata e riconoscente all’illustre poeta, chiamò
la strada che porta alla Chiesa e quindi al cimitero "Via
Pindemonte". Sembra che Giacomo Leopardi abbia tenuto presente
questo passo dei Sepolcri del
Pindemonte nel suo Paralipomeni della Batracomiomachia, (un ampio
poemetto satirico in ottave scritto a partire dal 1831 durante il
suo soggiorno napoletano) al canto VIII , stanza 16:
Son laggiù nel profondo
immense file
di seggi ove non può lima o scarpello,
seggono i morti in ciaschedun sedile
con le mani appoggiate a un bastoncello,
confusi insiem l'ignobile e il gentile
come di mano in man gli ebbe l'avello.
Poi ch'una fila è piena, immantinente
da più novi occupata è la seguente.
di seggi ove non può lima o scarpello,
seggono i morti in ciaschedun sedile
con le mani appoggiate a un bastoncello,
confusi insiem l'ignobile e il gentile
come di mano in man gli ebbe l'avello.
Poi ch'una fila è piena, immantinente
da più novi occupata è la seguente.
Colatoio, Catacombe dei Cappuccini |
Oltre al Pindemonte le “Catacombe” destarono la curiosità del celebre scrittore francese Guj de Maupassant che, avendole visitate nell’anno 1885, si soffermò lungamente sul metodo dell’essiccamento. In effetti la mummificazione era un’opera di perfezionamento di uno stato di straordinaria conservazione che l’ambiente sotterraneo costituito da rocce calcarenitiche, con la sua temperatura e umidità costante garantiva, consentendo l’essiccazione dei corpi anziché la loro completa decomposizione. Il procedimento di mummificazione (naturale) appresso descritto, era praticato a Palermo da e per i religiosi in altre
Colatoio, Chiesa di S.Orsola dei Neri |
La piccola Rosalia Lombardo |
Grazie alla minuziosa
opera di restauro fu chiamato per la preparazione di personaggi
preminenti, in modo tale che le loro salme potessero essere esposte
per un lasso di tempo prolungato. Tra essi si ricordano il Cardinal
Michelangelo Celesia, Il Senatore Giacomo Armò, l’Editore
Salvatore Biondo, e l’etnografo Giuseppe Pitrè. Il Dottor Salafia
non svelò mai il procedimento chimico utilizzato. Nel caso di
Rosalia Lombardo i risultati sono ancor oggi visibili : la piccola,
grazie alla pienezza dei tratti del viso, sembra solo addormentata.
Bibliografia:
Flaviano D. Farella - Cenni storici
della chiesa e delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo
Ed. “Fiamma Serafica” 1982 Palermo.
Dario Piombino Mascali - Il Maestro del Sonno Eterno.
Presentazione di Arthur C. Aufderheide. Prefazione di Albert R. Zink.
Ed. La Zisa, 2009 Palermo.
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