Lo sviluppo urbanistico della città di Palermo.
(Dalla città entro le mura al sacco di Palermo)
I primi tentativi di espansione urbana oltre le mura
Dopo una prima timida fase di sviluppo oltre le
mura cinquecentesche in direzione di Monreale lungo il Cassaro, si
optò per il prolungamento della via Maqueda. I territori a sud erano
però poco adatti all'urbanizzazione, vista la presenza del fiume
Oreto che rendeva malsana la zona. Così, dopo aver costruito il
quartiere Oreto subito oltre le mura, si tentò di incrementare
l'espansione verso il fiume costruendo anche due grandi zone di
verde, l'Orto botanico e la Villa Giulia, ma ciò non ottenne i
risultati sperati: la zona a sud era infatti quella più densamente
coltivata e quindi meno appetibile economicamente. A questo punto la
direttrice di espansione si orientò a nord, verso la Piana dei
colli, una zona pianeggiante, fertile e arieggiata.
L'inizio della pianificazione
La decisione di spostare il baricentro cittadino verso nord
avviene definitivamente nel 1778 quando il pretore, il marchese
Regalmici, affida all'ingegnere Nicolò Palma il compito di creare
una nuova zona che mettesse in collegamento la città antica col
Borgo di Santa Lucia secondo un ordine geometrico e razionale. La
cosiddetta addizione Regalmici
ripropone così l'ordine ortogonale dei Quattro canti ricreandolo
all'esterno della città. L'incrocio fra il prolungamento della via
Maqueda (ora via Ruggero Settimo) e una nuova via a essa
perpendicolare, lo stradone dei Ventimiglia, oggi via Mariano
Stabile, che giungeva sino al mare, crea un'altra piazza ottagonale,
chiamata Quattro canti di campagna in contrapposizione a quella cittadina. Ancora più a nord, la strada del Mulino a vento (oggi
corso Scinà) costituisce un collegamento diretto fra la città e il
Borgo di Santa Lucia. Nei primi decenni del XIX secolo la popolazione
comincia sempre più a spostarsi all'esterno delle mura, tanto che
l'amministrazione comunale nel 1819 istituisce i due nuovi quartieri
Oreto e Molo e iniziano i lavori di miglioramento dei tracciati viari
di collegamento. A conferma della corretta intuizione
dell'amministrazione Regalmici, nel 1848 viene tracciata verso nord
la via della Libertà, chiamata dai Borboni Strada della Real
Favorita, completata nel 1861 con la piazza Alberigo Gentili.
I progetti del 1860
In
seguito agli attacchi al sistema bastionato da parte dei borboni e
visto lo stato di degrado di molte abitazioni del centro, il pretore
Duca di Verdura promosse un concorso per la presentazione di un
progetto di pianificazione della città. Nel settembre 1860 un gruppo
di architetti e ingegneri composto fra gli altri da G.B.F. Basile,
presentò due progetti, uno "Economico", uno "Grandioso"
ed alcuni elementi di quello "Medio" tutto questo poiché
non si conosceva il bilancio a disposizione del comune. Il primo,
"Economico", prevedeva soprattutto miglioramenti alla
maglia viaria del centro e la creazione di nuove strade nella zona
nord, la lottizzazione dei terreni presso la via Libertà e
l'edificazione di bagni pubblici e di due teatri. Quello "Grandioso"
si concentrava soprattutto sulla viabilità interna prevedendo un
reticolato composto da altri quattro assi perpendicolari fra loro che
intersecando le vie Maqueda e Cassaro dividevano la città in sedici
quadranti rettangolari. Alla fine nessuno di questi progetti venne
realizzato, ma le proposte da questi lanciate influenzeranno molto la
successiva pianificazione cittadina. Nel 1866 l'Uffico tecnico
comunale redige il "Piano
generale di bonifica e ampliamento"
che riprende alcuni elementi del progetto "Grandioso", ma
favorendo uno sviluppo disomogeneo proponendo la lottizzazione e i
piani ad opera di privati. È anche grazie alla grande crescita
demografica che nella zona Ovest della città vengono identificati
due nuovi mandamenti in prossimità delle antiche residenze normanne:
Cuba e Zisa. La città viene anche dotata di importanti
infrastrutture come il prolungamento del Molo Nord per difendersi
dalle frequenti inondazioni e la prima circonvallazione ferroviara
che congiunge la zona portuale con la stazione centrale.
Il Piano Giarrusso e il taglio di via Roma
Il Piano Giarrusso (in rosso le nuove edificazioni previste) |
Nel 1885 venne approvato
il "Piano regolatore di
risanamento" dell'ing. Felice
Giarrusso (noto appunto come Piano Giarrusso) che sostituì quello
dell'ing. Luigi Castiglia che venne bocciato. Questo piano,
rifacendosi al progetto "Grandioso", prevedeva l'apertura
di quattro strade perpendicolari agli assi preesistenti che creassero
degli incroci ortogonali al centro di ogni mandamento. Queste strade,
dalla larghezza prevista intorno ai 20 metri, avrebbero avuto il
compito di aprire la stretta e disordinata maglia viaria antica
permettendo il passaggio dell'aria e della luce rendendo più salubri
le varie zone. Palermo si sarebbe allineata alla moderna tendenza
agli sventramenti già verificatasi nella Parigi di Napoleone III e
del Barone Hausmann, di Napoli (Spaccanapoli) e di Firenze, ma anche
di Barcelona e del Piano Cerda. Per alloggiare la popolazione dalle
zone interessate dai lavori si vennero a creare nuovi quartieri posti
soprattutto in riva al mare, come nei pressi delle borgate di
Romagnolo nella zona sud e dell'Acquasanta alle falde del monte
Pellegrino. Delle quattro grandi strade previste vennero realizzate
soltanto l'attuale via Mongitore, che taglia parallelamente al
Cassaro il quartiere dell'Albergheria, e la via Roma. che attraversa
due mandamenti (Tribunali e Castellamare) correndo pressoché
parallela alla via Maqueda. I lavori, iniziati nel 1895 all’incrocio
con via Cavour, vennero ultimati nel 1922 e causarono la demolizione
di molte abitazioni e di edifici e chiese di interesse storico.
Poiché i finanziamenti terminavano periodicamente, i lavori ebbero
un iter lungo e travagliato e non si svolsero con continuità. La
strada venne realizzata a zone con un tracciato spezzato e non
esattamente parallelo alla via Maqueda (anche per gli interessi di
ricche famiglie che sul tracciato previsto avevano la residenza). Si
innescò una speculazione edilizia che interessò soltanto i lotti e
gli edifici prospicienti la strada lasciando quelli non in vista
degradati e malsani (ad es. nella zona del mercato della Vucciria).
La via Roma divenne comunque un importante asse cittadino che metteva
in collegamento la Stazione centrale con la zona portuale del Borgo
Vecchio. Per questo motivo sulla via si edificarono il Teatro Biondo
e in epoca fascista il palazzo delle Poste Centrali, senza
dimenticare tutti i palazzi in stile umbertino che con la loro
altezza rendevano vano lo sperato effetto di "risanamento"
poiché eclissando i bassi edifici alle loro spalle impedivano il
passaggio di luce e aria verso l'interno. Così la via Roma,
finanziata col denaro previsto per le cosiddette opere di
risanamento, divenne più che altro una strada celebrativa e a
conferma di ciò all'inizio della stessa in piazza Giulio Cesare
venne posto un ingresso monumentale.
L'Esposizione Nazionale e la crisi degli anni Venti
Nel
1891 si era svolto un evento che anche se non lasciò prove tangibili
del suo passaggio avrebbe influenzato decisamente la storia
urbanistica della città: l' Esposizione
Nazionale.
Grazie all'iniziativa delle importanti e ricche famiglie palermitane,
tra cui senz'altro i Florio e i Whitaker, la città si mise in
"vetrina" ospitando un evento che ebbe riscontri positivi
anche dal punto di vista commerciale e turistico. I padiglioni dell'
Esposizione vennero costruiti nella zona a monte di via Libertà fra
le attuali piazze Politeama e Croci, nella zona nota come "firriatu
di Villafranca" di proprietà del principe di Radaly. Nel giro
di qualche anno tutti i padiglioni vennero smontati ma la risonanza
della manifestazione ebbe importanti strascichi sulla storia
cittadina.
Planimetria generale e prospettiva dell'Esposizione Nazionale |
La zona scelta per l’esposizione confermava la volontà
cittadina di spostare l'attenzione sull'area a nord del centro. Il
completamento della via Libertà nel 1911 segnerà appunto fermamente
questa decisione trasformando questa zona nel nuovo centro
direzionale della città dedicato alle classi più abbienti e
dinamiche. La disposizione a scacchiera che si rifaceva all'impianto
ortogonale parigino influenzerà la successiva edificazione della
zona che al termine della manifestazione verrà lottizzata ed
occupata da ricche abitazioni poste su più piani. Lo stile liberty
d'altro canto troverà un fecondo terreno nella nascita dei numerosi
villini che le ricche famiglie edificheranno lungo le vie Libertà e
Dante (Villino Ida, Villa Deliella, Villino Florio all’Olivuzza,
Villa Favaloro) e nelle vicine vie come l'attuale via Notarbartolo (Per foto e notizie sul Liberty a Palermo vedi anche http://www.arteliberty.it/palermo.html).
Anche se ormai molte tra queste sono state demolite per far posto ad
alti condomini, lo stile liberty è ancora ben visibile nelle ville
edificate nello stesso periodo soprattutto nei pressi di Mondello
che, in seguito alla bonifica degli acquitrini di Valdesi, diventerà
in breve tempo la spiaggia preferita dai palermitani (E' possibile
vedere qualche immagine significativa cliccando sul link
http://laguilla.wordpress.com/ville-non-piu-esitenti-di-via-liberta/).
I primi decenni del novecento segnano invece una profonda crisi
economica che si ripercuoterà anche in ambito cittadino. Vista la
proroga del piano Giarrusso fino al 1941 i proprietari degli edifici
del centro, spaventati da eventuali espropri, non effettueranno
nessun lavoro di mantenimento sulle abitazioni che così sprofondano
sempre più in uno stato di abbandono e degrado mentre l'edificazione
senza controllo segna la nascita di nuovi quartieri, come quello
dell'Olivuzza. Nonostante tutto nel 1922 iniziano i lavori per
l'ampliamento del porto e vengono costruiti il quartiere Matteotti,
iniziato nel 1927, e il nuovo ospedale Civico progettato nel 1932.
Il Concorso del 1939
Nel 1939, vista la necessità di dotare la città di uno
strumento che desse ordine all'edificazione di una città in perenne
crescita, venne indetto un concorso nazionale per la redazione di un
Piano regolatore e di ampliamento previsto per una città di oltre
700.000 abitanti. Nel 1941 furono tre i progetti vincitori ex aequo.
Nel 1944 fu redatto dall'Ufficio tecnico comunale, in collaborazione
con i vincitori del concorso un Piano Regolatore, ma questo piano
rimase solo sulla carta anche a causa degli eventi bellici. Durante
la seconda guerra mondiale infatti, la Sicilia costituì il fronte
d’attacco delle truppe alleate che erano attestate dall’altra
parte del Mediterraneo, sulle sponde di Algeria e Tunisia. I danni
causati dal conflitto specie ad opera dei bombardamenti
anglo-americani precedenti l’8 settembre del ’43 furono ingenti,
la città più colpita fu Palermo; in particolare il centro storico e
la zona portuale, densamente abitati. Nel 1945 Palermo venne inserita
fra le città che dovevano adottare un piano di ricostruzione. Tra il
1947 e il 1955 ben 35.000 contadini arrivarono alle porte di Palermo
mentre furono ben 40.000 i palermitani che avevano avuto la casa
distrutta e che richiedevano nuove abitazioni. La decisione politica
non fu quella del restauro, ma quella della costruzione di una “nuova
Palermo”. Fra i primi interventi vi fu la nascita di nuovi
quartieri di edilizia sovvenzionata come il Villaggio S. Rosalia
mentre di riflesso prese sempre più piede il fenomeno della
speculazione edilizia, premessa del cosiddetto sacco di Palermo.
Planimetria di Palermo ca. 1940 |
Dal Piano regolatore del 1962 al sacco di Palermo
Il
PRG del 1962 arriva dopo quasi ottanta anni dal precedente Piano
Giarrusso e viene approvato dal Presidente della Regione come Piano
Regolatore Generale
della città. Questo piano prevedeva l'ampliamento della superficie
cittadina di circa il doppio, prevedendo un raddoppio della
popolazione dai 500.000 a circa 900.000 abitanti. Conseguenze furono
l’occupazione di moltissimi spazi prima destinati all'agricoltura e
contemporaneamente l’inglobamento delle borgate storiche, molte
delle quali perderanno la loro identità, nel tessuto urbano,. Il
piano prevedeva la riduzione delle aree verdi e la sostituzione di
piccoli edifici con edifici multipani, con l'intenzione, presunta, di
limitare lo spazio occupato. In realtà si trattava di una semplice
speculazione edilizia che causò l’abbattimento di molte ville
ottocentesche e del primo novecento. In particolare la via
Notarbartolo in pochi anni si trasformò da una strada circondata da
ville e verde in una fiancheggiata da edifici di oltre 10 piani.
Vista la grande esplosione demografica degli anni Sessanta e la
pressante richiesta di abitazioni da parte della popolazione, nel
1966 vengono approvati i piani per l'edilizia convenzionata che
utilizzando terreni precedentemente di uso agricolo creano 14 nuove
zone edificate, alcune delle quali trasformano antiche borgate come
Bandita, Arenella o Resuttana. Per le classi meno abbienti, la città,
si dota dei Piani di Edilizia Economica Popolare (PEEP), e decide di
edificare una serie di quartieri popolari. I PEEP vengono così
dislocati, nella maggior parte dei casi, nei pressi della nuova
circonvallazione cittadina, il viale
Regione Siciliana.
La ex Conca d'oro da Monte Pellegrino |
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