lunedì 14 maggio 2012

L’evoluzione urbanistica della città di Palermo nel ‘600


Il Seicento modificò sostanzialmente il tessuto urbanistico-edilizio della città: proprio all'alba del secolo, con una ardita operazione di sventramenti che comportò grandiose demolizioni condotte con risoluta determinatezza, nacque la via Maqueda, ortogonale al tradizionale asse del Cassaro. La nuova strada realizzò nella topografia urbana il concetto della città cruciforme, geometricamente ripartita in quattro uguali quartieri, che si sostituirono ai precedenti: l'Albergheria o Palazzo Reale, il Capo o Monte di Pietà, la Kalsa o Tribunali, il Castellammare o Loggia, ciascuno consacrato a una santa patrona (nell'ordine, S. Cristina, S. Ninfa, S. Agata e S. Oliva); nel tempo, esaltata dalla sfarzosa mostra dei Quattro Canti, realizzati dal 1608 al 1621 su progetto di Giulio Lasso, venne ornandosi d'una cortina di barocche architetture, che ne fecero la privilegiata residenza della nobiltà (insieme con la via Alloro) e la sede di solenni complessi conventuali, mentre dietro l'aristocratica facciata inalterata si manteneva - salvo sporadici episodi edilizi - l'eredità delle antiche case e dei vetusti edifici. Sebbene la nuova arteria preparasse in embrione la futura direzione di crescita della città, non maturò per allora, con la sua creazione, l'inversione dello sviluppo urbano, che sarebbe stato esito di un secolo e mezzo più tardi: insomma, come prima, la vita civica continuò a scorrere lungo l'asse privilegiato della via Toledo, nella quale o nei cui pressi si incardinavano le emergenze civili e religiose - il palazzo regio, il palazzo senatorio, la cattedrale e l'arcivescovado, gli uffici finanziari, i tribunali, il porto e i mercati - o si svolgevano le manifestazioni fondamentali della vita collettiva (feste, processioni, cortei di governanti e persino sollevazioni popolari).
Andò mutando, invece, e profondamente, l'effigie della città, nella quale, innestando la propria autonoma attività edilizia su quella del Senato, nobili e ordini religiosi quasi fecero a gara nell'edificare splendidi palazzi, chiese sontuose, grandiosi edifici conventuali. Parve Palermo allora tutta un cantiere, nel quale artefici del rilievo di Mariano Smiriglio, Giulio Lasso, Orazio del Nobile, Gaspare Guercio, Natale Masuccio, Andrea Cirrincione, Antonino Muttone, Angelo Italia, Paolo e Giacomo Amato e altri ancora realizzarono o progettarono quelle monumentali architetture vibranti di animati ritmi compositivi, di articolate membrature, di enfatiche ridondanze, di plastiche arditezze, alle quali la città deve tanta parte del suo aspetto barocco: le chiese di San Giuseppe dei Teatini, di Casa Professa, del Carmine, di S. Maria di Valverde, di S. Ignazio all'Olivella, della Concezione, di S. Francesco Saverio, del Noviziato dei Gesuiti, di S. Matteo al Cassaro, di S. Teresa alla Kalsa, del SS. Salvatore, della Pietà furono le punte emergenti di questo straordinario fenomeno costruttivo nel quale gli ordini religiosi ampiamente profusero le immense ricchezze accumulate.
A cura di Salvo di Matteo-Palermo storia e arte – Gruppo editoriale D’Agostino

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