Ubicata sulla costa meridionale della Sicilia, a pochi chilometri da Castelvetrano, Selinunte è una delle città greche di Sicilia note da più tempo nella sua organicità di centro urbano, anche se, come avveniva frequentemente, sono stati privilegiati gli splendidi resti dei templi, crollati in buona parte solo con il terribile terremoto del XVII secolo. La città si estendeva su due basse colline delimitate da due"fiumi", il Selino o Modione e il Cottone, al di là dei quali sorgono i Santuari extraurbani della collina orientale e della Malophòros. Il luogo fu scelto con oculatezza proprio allo sbocco dì due fertili pianure che ne costituivano la chora (territorio) di notevole interesse agricolo.
Selinunte fu fondata nel 648 a.C. (Diodoro Siculo) o meglio, secondo Tucidide, nel 628 a.C. da un gruppo di coloni di Megara Hyblea (sulla costa orientale dell'Isola, a Nord di Siracusa), guidati dall'ecista Pammilo che, con questo specifico incarico, era stato inviato da Megara Nisea, la città greca che nel 728 a.C. aveva fondato la Megara di Sicilia. Il nome deriva da una qualità di sedano selvatico (in greco Sèlinon) che cresce spontaneamente lungo le rive del torrente che delimita ad Ovest la collina su cui sorge la città (il Modione-Selino appunto). Le notizie relative al primo periodo di vita della città sono piuttosto scarse. Nel corso del VI secolo i coloni furono certamente impegnati nei contrasti con gli indigeni (Sicani ed Elimi), a cui danno era stato creato l'insediamento. Nonostante ciò la città ebbe un rapido sviluppo urbano egregiamente esemplificato se non altro dall'architettura templare. Nel V secolo la città fu coinvolta nelle alterne vicende del conflitto greco-punico, e se nel 480 a.C. rimase neutrale, fino a dare ospitalità a Giscone, figlio del generale cartaginese Amilcare caduto nella battaglia di Himera, nelle successive fasi dello scontro fu invece coinvolta in pieno, fino al saccheggio del 409 a.C. ed alla conseguente perdita della libertà. Sempre nel V secolo sì registra una non meglio precisala vittoria che i selinuntini ottennero con il favore delle principali divinità della città. Di queste parla una grande iscrizione rinvenuta nello opistòdomo del Tempio G, conservata nel Museo archeologico di Palermo. Negli anni successivi Selinunte assolse unicamente il ruolo di piazzaforte, ora dì Siracusa ora di Cartagine, fino al 306 a.C. quando fu stipulato l'ultimo trattato greco-cartaginese. L'area urbana si restrinse alla sola collina dell'Acropoli; sugli edifici monumentali furono realizzate povere case puniche e ad Est del Tempio C (il più importante dell'Acropoli) venne sistemata l’agorà (centro commerciale). Nel 250 a.C., infine, la popolazione residua fu trasferita a Lilibeo e la città fu abbandonata definitivamente.
La città si articola in quattro aree distinte originariamente collegate: l'acropoli, a Sud, con le pareti a strapiombo lambite dal mare; la bassa collina di Manuzza. a Nord, occupata dall'abitato vero e proprio, e due santuari extraurbani al di là dei "fiumi". L'acropoli, pur non essendo scavata che in minima parte, è il complesso monumentale più noto. E’ interamente cinta da un imponente sistema di fortificazione con mura a blocchi regolari intervallate da torri e da postierle (porte urbiche secondarie, di minori dimensioni). Questo sistema, impiantato fin dalla fondazione della città. fu ulteriormente fortificato all'inizio del V secolo e trova i suoi punti di forza nel complesso di Porta nord e all'angolo sud-est dove fu realizzato un poderoso bastione a gradini, che servì anche ad ampliare artificialmente lo spazio antistante al Tempio C.
La Porta nord è difesa da una delle più imponenti strutture militari della Sicilia antica. Fiancheggiata da due torri rettangolari è preceduta da un fossato e da un torrione semicircolare che impedisce la vista del vano della porta.
La sistemazione urbanistica dell'acropoli è regolare e si articola in una serie di strade est-ovest, che incrociano la grande plateia nord-sud. Il santuario vero e proprio, l'unico ad essere in buona parte esplorato, occupa il settore sud-est.
Acropoli di Selinunte |
Al centro, al di là della strada est-ovest, è il Tempio C da cui provengono le tre metope, (Perseo e Medusa, Eracle e i Cercopi, Quadriga del sole) ricomposte nella sala del Museo "A. Salinas" di Palermo. Il tempio (m 64 x 24), dedicato ad Apollo, dorico, periptero esastilo con diciassette colonne sui lati lunghi presentava l'adyton ed era privo di opistodomos.
Intorno a questo tempio sono altri edifici.
A Nord-Ovest sono i resti del Tempio D (forse di Atena), dorico, periptero, esastilo, con tredici colonne sui lati lunghi (m 56 x 24) databile dalla seconda metà del VI sec. a.C.; a Sud è il Mégaron, un sacello stretto e lungo (m 17,85 x 5,31), privo di peristasi, in cui va riconosciuto uno dei più antichi templi di Selinunte. A Sud-Est sono resti di alcuni tempietti. Da uno di questi (Y) potrebbero provenire le cosiddette piccole metope (Quadriga e Ratto di Europa) rinvenute lungo la cinta muraria e conservate oggi al "Salinas". Ai resti dei tempietti si sovrapposero indiscriminatamente alcune povere case puniche del V sec. a.C. A Sud-Est è il grande portico ad "L" costruito sul terrazzamento artificiale di cui si è detto, mentre nell'area ad Est del Tempio C, in età ellenistica, si è sistemata l'agorà. All'angolo sud-est del santuario dell'acropoli, sono i poverissimi resti del Tempio O e del Tempio A, due peripteri dorici, databili nella prima metà del V secolo. Su quest'ultimo (di Poseidone? o dei Dioscuri?) si è sovrapposto un pavimento a mosaico del periodo punico, con la dea Tanit ed altri simboli della religione punica (un luogo di culto? o una abitazione?). Sulla bassa ed ampia collina di Manuzza, a Nord, si estendeva l'abitato vero e proprio. L'area era presumibilmente delimitata da una cinta muraria e le abitazioni, esplorate solo in parte e per saggi, sono piuttosto modeste. Anche qui la città è organizzala, fin dal VII sec. a.C., secondo uno schema urbano ad assi perpendicolari tra loro. La strada principale (plateia) è tuttavia orientata, diversamente dall'acropoli, in senso nord-ovest sud-est, per adeguarsi alla situazione topografica. Nel IV sec. a.C. l'area dell'abitato viene quasi completamente abbandonata e le case puniche si sistemano sulla collina dell'acropoli al di sopra di preesistenti strutture. La crisi della città greca è evidente e presto Selinunte sarà abbandonata del tutto.
A Nord-Ovest sono i resti del Tempio D (forse di Atena), dorico, periptero, esastilo, con tredici colonne sui lati lunghi (m 56 x 24) databile dalla seconda metà del VI sec. a.C.; a Sud è il Mégaron, un sacello stretto e lungo (m 17,85 x 5,31), privo di peristasi, in cui va riconosciuto uno dei più antichi templi di Selinunte. A Sud-Est sono resti di alcuni tempietti. Da uno di questi (Y) potrebbero provenire le cosiddette piccole metope (Quadriga e Ratto di Europa) rinvenute lungo la cinta muraria e conservate oggi al "Salinas". Ai resti dei tempietti si sovrapposero indiscriminatamente alcune povere case puniche del V sec. a.C. A Sud-Est è il grande portico ad "L" costruito sul terrazzamento artificiale di cui si è detto, mentre nell'area ad Est del Tempio C, in età ellenistica, si è sistemata l'agorà. All'angolo sud-est del santuario dell'acropoli, sono i poverissimi resti del Tempio O e del Tempio A, due peripteri dorici, databili nella prima metà del V secolo. Su quest'ultimo (di Poseidone? o dei Dioscuri?) si è sovrapposto un pavimento a mosaico del periodo punico, con la dea Tanit ed altri simboli della religione punica (un luogo di culto? o una abitazione?). Sulla bassa ed ampia collina di Manuzza, a Nord, si estendeva l'abitato vero e proprio. L'area era presumibilmente delimitata da una cinta muraria e le abitazioni, esplorate solo in parte e per saggi, sono piuttosto modeste. Anche qui la città è organizzala, fin dal VII sec. a.C., secondo uno schema urbano ad assi perpendicolari tra loro. La strada principale (plateia) è tuttavia orientata, diversamente dall'acropoli, in senso nord-ovest sud-est, per adeguarsi alla situazione topografica. Nel IV sec. a.C. l'area dell'abitato viene quasi completamente abbandonata e le case puniche si sistemano sulla collina dell'acropoli al di sopra di preesistenti strutture. La crisi della città greca è evidente e presto Selinunte sarà abbandonata del tutto.
II santuario più famoso, ma anche il più importante dell'antica città è quello sulla collina orientale: di esso sono noti tre grandi templi che da sempre costituiscono un elemento caratteristico della campagna selinuntina.
Pianta dei templi |
A Nord è il Tempio G, in cui, come abbiamo detto, va riconosciuto probabilmente il Tempio di Zeus. E' uno dei più grandi dell'antichità (m 113 x 54, con un'altezza ipotizzabile in m 30, di cui m 16,27 è la sola colonna). Sì tratta di uno pseudo-diptero,(ipetro?) di stile dorico, con otto colonne sui lati brevi e diciassette su quelli lunghi. La cella (naos), tripartita da due file di colonne, probabilmente a cielo aperto, presenta, in fondo alla navata centrale, un adyton.
Iniziato alla metà del VI sec. a.C., forse nel 530 a.C., la sua costruzione fu interrotta all'inizio del V sec. a.C., probabilmente in corrispondenza con il primo grande conflitto greco-punico (480 a.C.): di alcuni elementi dell'elevato già collocati non si è definita la lavorazione e la copertura era ben lungi dall'essere stata completata. I materiali da costruzione, peraltro, erano estratti dalle Cave di Cusa, a una decina di chilometri, presso Campobello di Mazara. In quest'area, abbandonata improvvisamente nel 480 a.C., sono visibili le varie fasi di lavorazione per l'estrazione dei rocchi delle colonne, alcuni già pronti per essere trasportati a Selinunte.
Dell'originario complesso di sculture che decoravano il tempio, è pervenuto solo un efficace busto di Gigante morente, esposto nella sala di Selinunte, mentre nell’opistòdomos è stata recuperata la grande iscrizione di cui si è detto. L'edificio non fu mai completato e l'attuale campo di rovine è il risultato degli effetti del terremoto che, nel XVII secolo, sconvolse tutta la Sicilia. Così come è, l'edificio è una preziosa memoria di Selinunte e come tale va preservato. A Sud sono due templi più recenti e di più modeste dimensioni: il Tempio F (di Atena o Dioniso?) ed il Tempio E (di Hera?) dal quale proviene l'importante ciclo scultoreo di "stile severo" conservato nel Museo di Palermo. Le quattro metope ricomposte raffigurano Eracle in lotta contro una Amazzone, le nozze tra Zeus ed Hera, Atteone sbranato dai cani davanti ad Artemide, Atena che atterra il gigante Encelado. Scolpite nella tenera calcarenite, vennero realizzate con la tecnica "acrolitica" consistente nel realizzare le parti dell'incarnato con un materiale più resistente (marmo).
Il Tempio E, (se vuoi visitare virtualmente il tempio clicca quì), sottoposto nel 1956 ad una discutibile anastylosis (risollevamento), è un tempio dorico canonico (m 70 x 27) risalente al 460-450 a.C in cui sono stati adottati tutti gli accorgimenti che fanno del tempio greco un mirabile esempio di equilibrio e razionalità insieme. Il vicino Tempio F (m 61 x 24), da cui provengono le due mezze metope con scene di lotta di Dee contro giganti, è databile al 520 a.C. e documenta una fase di transizione tra arcaismo ed incipiente classicismo. E' uno pseudoperiptero con sei colonne sui lati brevi e quattordici su quelli lunghi. L'altro santuario si trova ad Ovest alla foce del Sélinon (Modione), in contrada Gággera, una collinetta sabbiosa dalla vegetazione esotica. Si tratta di un santuario ctonio (dedicato alle divinità degli inferi) dedicato alla dea Malophóros (portatrice della melagrana), che è una delle tante espressioni della dea madre mediterranea assimilata dai coloni greci con Demetra. Il santuario (m 60 x 50) è delimitato da un alto muro di témenos, racchiude all'interno il grande mégaron dedicato alla Malophóros rivolto ad Est e preceduto dal grande altare sacrificale intorno al quale furono rinvenuti numerosissimi ex voto (statuette della dea o dell'offerente). Il santuario ebbe una vita lunghissima dalla metà del VII sec. a.C. fino al periodo punico (III sec. a.C.) a riprova della persistenza dei riti funerari. A Nord del recinto della Malophóros è il santuario di Zeus Meilíchios, un analogo santuario ctonio di dimensioni ben più modeste.
Il Tempio E, (se vuoi visitare virtualmente il tempio clicca quì), sottoposto nel 1956 ad una discutibile anastylosis (risollevamento), è un tempio dorico canonico (m 70 x 27) risalente al 460-450 a.C in cui sono stati adottati tutti gli accorgimenti che fanno del tempio greco un mirabile esempio di equilibrio e razionalità insieme. Il vicino Tempio F (m 61 x 24), da cui provengono le due mezze metope con scene di lotta di Dee contro giganti, è databile al 520 a.C. e documenta una fase di transizione tra arcaismo ed incipiente classicismo. E' uno pseudoperiptero con sei colonne sui lati brevi e quattordici su quelli lunghi. L'altro santuario si trova ad Ovest alla foce del Sélinon (Modione), in contrada Gággera, una collinetta sabbiosa dalla vegetazione esotica. Si tratta di un santuario ctonio (dedicato alle divinità degli inferi) dedicato alla dea Malophóros (portatrice della melagrana), che è una delle tante espressioni della dea madre mediterranea assimilata dai coloni greci con Demetra. Il santuario (m 60 x 50) è delimitato da un alto muro di témenos, racchiude all'interno il grande mégaron dedicato alla Malophóros rivolto ad Est e preceduto dal grande altare sacrificale intorno al quale furono rinvenuti numerosissimi ex voto (statuette della dea o dell'offerente). Il santuario ebbe una vita lunghissima dalla metà del VII sec. a.C. fino al periodo punico (III sec. a.C.) a riprova della persistenza dei riti funerari. A Nord del recinto della Malophóros è il santuario di Zeus Meilíchios, un analogo santuario ctonio di dimensioni ben più modeste.
Ricostruzione delle tre aree della città di Selinunte |
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