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venerdì 11 maggio 2018

Lo Spasimo di Sicilia di Raffaello e la diffusione della sua iconografia attraverso copie.


Liceo Classico Statale “G. Garibaldi”Palermo Corso di Storia dell’Arte-Sezioni B-F-L-M prof. Ignazio Francesco Ciappa

Panormus. La scuola adotta la città” 18, 19 e 20 Maggio 2018 Complesso Monumentale di S. Maria dello Spasimo Palermo



Lo Spasimo di Sicilia di Raffaello

e la diffusione della sua iconografia attraverso copie.


RAFFAELLO ANDATA AL CALVARIO O “SPASIMO DI SICILIA”1515-16
Museo del Prado Madrid 
Olio su tavola trasportato su tela cm 318 x229

L’arrivo a Palermo dello Spasimo di Sicilia, rappresentò, per la produzione artistica locale “un fatto notevolissimo onde l’italiana pittura si era rivelata in Sicilia nel massimo suo splendore”(1).
La realizzazione della tavola, alla quale lavorarono ampiamente anche gli allievi del Sanzio, Giovan Francesco Penni e Giulio Romano,
(2) si fa risalire intorno al 1517, anno della più antica delle due incisioni a bulino realizzate da Agostino dei Musi, meglio noto come Agostino Veneziano, raffiguranti, seppur con qualche lieve “licenza” rispetto al modello raffaellesco, il tema dello Spasimo di Sicilia (3).
In merito alla genesi compositiva dello Spasimo di Sicilia, va detto che questa, affonda le sue radici, con tutta evidenza, nella tradizione incisoria di ascendenza nordica, guardando, in particolar modo, alla produzione di Luca di Leida (Leida, 1494 – ivi, 1533) (4-5). E' ormai condivisa la tesi secondo la quale Raffaello abbia guardato alle incisioni recanti il tema della Andata al Calvario inserite nei cicli della Grande Passione (1498 ca.) e della Piccola Passione (1509), realizzati da Albrecht Dürer, (Norimberga, 1471 – ivi, 1528), nonché all’incisione di analogo soggetto eseguita da Martin Shongauer (Colmar, 1448 – Breisach am Rhein, 1491) (6).
Lo schema iconografico dello Spasimo di Sicilia, soprattutto in ambito locale, godette di una vasta popolarità. Molti artisti eseguirono meccaniche riproduzioni dell’opera dell’Urbinate, spesso di mediocre qualità, mentre altri si richiamarono liberamente allo schema compositivo. In Sicilia questo fenomeno fu certamente favorito dalla fama del Sanzio, sebbene l’opera dell’Urbinate, va detto, non apportò novità degne di nota in riferimento alla poetica pittorica isolana.



Arazzo del cardinal Bibbiena. Roma (1517 - 1520)


La prima opera figurativa che si richiamò esplicitamente allo schema iconografico dello Spasimo di Sicilia fu il cosiddetto Arazzo del cardinal Bibbiena. La realizzazione di quest’opera, commissionata per l’appunto dal cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena (Bibbiena, 1470 – Roma, 1520) si fa comunemente risalire a un periodo compreso tra il 1517 e il 1520, appena successiva quindi alla realizzazione della tavola destinata al convento palermitano dell’Ordine benedettino di Monte Oliveto. A comprovare l’attribuzione della committenza porporata sono, alle rispettive estremità degli angoli superiori della cornice esterna dell’arazzo, decorata dal tipico motivo a grottesche, le armi nobiliari della famiglia dei Dovizi, contrassegnate da due cornucopie incrociate e cariche di spighe di grano e, in basso, nella regione mediana della medesima cornice, l’ancor più inequivocabile insegna del cardinal Bibbiena, definita da uno scudo recante le armi dei Dovizi e quelle dei Medici sormontato dal galero cardinalizio. L’opera, tornata nel 1819 in Vaticano grazie all’acquisizione da parte di Papa Pio VII Chiaramonti dopo diversi passaggi di proprietà tra il XVIII e il XIX secolo, presenta dimensioni più contenute rispetto al dipinto di Raffaello e, come osserva Candace Adelson, che ne attribuisce l’esecuzione all’arazziere fiammingo Pieter van Aelst, era plausibilmente destinata ad assolvere alla funzione di pala d’altare (7).

Johannes (o Joan) de Matta, Polizzi Generosa (1521?)

Tra i primi dipinti riferibili allo Spasimo di Sicilia è certamente annoverabile l’opera dello spagnolo Johannes (o Joan) de Matta, conservata nella Chiesa Madre di Polizzi Generosa, città nella quale il pittore risiedeva e guidava la sua bottega. Il dipinto presenta al centro, sotto la figura del Redentore, la data (in parte lacunosa) MCCCCC (XX) I, anno che confermerebbe come la realizzazione dello stesso sia avvenuta quasi a ridosso, o comunque in un tempo assai prossimo, dell’arrivo a Palermo del quadro di Raffaello (8). Notevoli le differenze iconografiche specie sullo sfondo con una fortezza o una città turrita forse riferibili all'incisione di Albrecht Dürer,“Andata al Calvario”.


A. Crescenzio, Sciacca 1537
A. Crescenzio, Palermo 1538















 




Il palermitano Antonello Crescenzio realizza ben tre versioni di mediocre qualità. Tuttavia la critica è ormai concorde nell’assegnare in larga parte l’esecuzione delle ultime due agli aiuti di bottega. La più antica di queste copie, datata 1526 è oggi esposta presso la sede del rettorato dell’Università degli Studi di Messina. L’opera è firmata Antonello Panormita (9).
Le altre due copie, in alto a sinistra e a destra, la prima eseguita nel 1537 e proveniente dalla chiesa del monastero del Fazello di Sciacca, la seconda risalente invece al 1538 ed originariamente collocata presso la chiesa del Carmine di Palermo, e oggi conservata presso la Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, erano note anche a Gioacchino Di Marzo per le quali, il canonico palermitano, riservò un giudizio tutt’altro che lusinghiero. Queste le sue parole: “Esistono in fine due cattive copie del famoso Spasimo dell’Urbinate, ch’era allora, siccome è noto, in Palermo e ne fu tolto e trasportato in Ispagna. […] Perocchè in vero entrambe fanno onta a quell’insigne dipinto del Sanzio” e ancora, avallando il giudizio dello Janitschek in merito alla copia del 1538, ne riportò il pensiero dicendo: “Di questa scrisse il Janitschek essere una devastazione di Rafaello alla bizantina, manomettendone il carattere e i tipi e sostituendo un colorito scialbo, smorto, uggioso, cupo, pesante” (10). Sono decisamente diverse dal presunto originale e molto simili alla tavola di Caltanissetta. L'originalità risiede nella testa di Medusa all'interno dello scudo del soldato posto al centro che ritroviamo unicamente nell'incisone del Veneziano. Chiaro il riferimento alla Sicilia, della quale la Gorgone è l'emblema, e forse un monito agli occupanti spagnoli. Un'altra peculiarità di una copia del Crescenzio è la scritta SPQR sullo stendardo scritta in ambo i sensi.
  


J. Vignerio, Catania 1541 (dipinto originale)


(foto speculare del dipinto)

 






 





 





Nella chiesa catanese di San Francesco d’Assisi all’Immacolata si conserva una copia dello Spasimo di Sicilia realizzata in controparte su tavola centinata, eseguita nel 1541 da Jacopo Vignerio, pittore appartenente alla cerchia di Polidoro da Caravaggio (11).
A sinistra l'originale, a destra una riproduzione fotografica speculare. Una particolarità: la collina sullo sfondo non sembra più essere quella del Calvario, perché priva di croci, e la corda legata alla croce passa anzichè davanti, dietro il braccio del Cristo.


Marco La Vecchia, Collesano 1543-47

Nella chiesa madre di Collesano (S. Maria la Nuova) si conserva una copia dello Spasimo di Sicilia realizzata nel 1543-47 da Marco La Vecchia. Da notare sulla sinistra in basso l'aggiunta dei committenti inginocchiati e di un cartiglio in prossimità della mano sinistra del Cristo (12). Il braccio del Cireneo e quello di Cristo sono quasi sulla stessa linea, l'espressione di quest'ultimo è più serena, la corda passa all'altezza del suo collo, le braccia della Madonna che indossa una veste rosa sono lunghe e sproporzionate, è assente il monte Calvario e non appare alcuna lancia. L'armatura del cavaliere è argentea e la veste del Cireneo (barba e capelli bianchi) è verde. Lo scudo al centro è rosso senza alcun disegno.

J. Bassano, Lewes (UK) 1547

L’impianto iconografico dello Spasimo di Sicilia ottenne una larga fortuna nella produzione pittorica di Jacopo Dal Ponte detto il Bassano (Bassano del Grappa, 1510 ca. – ivi, 1592). Diverse sono, infatti, le Andate al Calvario realizzate dall’artista veneto secondo il modello della pala palermitana, come ben testimoniano, ad esempio: il Cristo che cade sotto la croce conservato a Londra presso la Matthiesen Gallery, risalente al 1536-37 (13); l’Ascesa al Calvario eseguita intorno al 1543-44 e oggi custodita a Cambridge, presso il Fitzwilliam Museum (14); o ancora l’opera di analogo soggetto eseguita intorno al 1547 per il convento di San Giovanni a Bassano del Grappa e attualmente facente parte della collezione Christie a Glyndebourne, Lewes (15).
 

S. de Wobreck, Caccamo
seconda metà del XVI secolo

Il fiammingo Simone de Wobreck (nato ad Harlem nella prima metà del XVI secolo e giunto a Palermo nel 1558) realizza due tavole recanti il tema della caduta di Cristo lungo la Via Dolorosa. La prima, proveniente dalla chiesa di San Francesco d’Assisi a Caccamo è attualmente conservata nel vano d’accesso alla sagrestia della chiesa madre di San Giorgio Martire della medesima cittadina. Anche in essa nonostante le notevoli differenze nell'iconografia, specie per la presenza della Veronica, appaiono chiari i riferimenti al dipinto di Raffaello (16).

Bottega di Polidoro da Caravaggio ?
Caltanissetta
seconda metà del XVI secolo
Un’altra fedele riproduzione della Salita al Calvario di Raffaello Sanzio si trova a Caltanissetta, dove oggi è esposta presso il locale Museo Diocesano. L’opera, proveniente dalla chiesa nissena di Santa Croce e riconducibile probabilmente alla seconda metà del XVI secolo, presenta una esecuzione piuttosto sommaria. Nonostante la firma “R. Urbinas”, il dipinto custodito a Caltanissetta appartiene forse alla bottega di Polidoro da Caravaggio, o probabilmente a seguaci della sua bottega. Molte le tecniche adoperate per ottenere dati sul dipinto: dalla datazione effettuata con il carbonio 14, all'analisi spettroscopica sul legno ai raggi ultravioletti, fluorescenza ai raggi X e Tac. L'opera fu realizzata su due tavole di legno africano affiancate l'una all'altra, datate intorno alla metà del Cinquecento (17).

G. P. Fonduli, Castelvetrano 1574


Una delle repliche più fedeli dello Spasimo di Raffaello esistenti in Sicilia, sia in termini di formato che di resa pittorica, è certamente la tavola eseguita nel 1574 dal pittore cremonese Giovanni Paolo Fonduli (o Fondulli), su commissione di Don Carlo d’Aragona Tagliavia per la chiesa di San Domenico a Castelvetrano (18).


Giuseppe Sirena, Madrid 1585

Nell’oratorio di San Filippo Neri di Alcalà de Henares, in Spagna, si conserva una bella copia dello Spasimo di Sicilia realizzata su tela centinata dal pittore Giuseppe Sirena intorno al 1585 e inviata, su commissione del viceré conte di Albadelista, da Palermo a Madrid (19) prima del trasferimento dell'originale raffaellesco a Madrid.

Anonimo, Palermo 1661
La replica conservata nella chiesa di San Giorgio in Kemonia, odierna San Giuseppe Cafasso, è verosimilmente quella che, nel 1661, andò a sostituire l’originale dopo che quest’ultimo lasciò Palermo (20).

R. Politi, Noto 1809
Infine nella Cattedrale di Noto (Siracusa) si conserva una copia ottocentesca (1809) dello Spasimo di Sicilia eseguita dal pittore siracusano Raffaello (o Raffaele) Politi (Siracusa, 1783 – Agrigento, 1870). L’opera in questione, figlia anche di un orientamento culturale votato al recupero di un certo accademismo, ricalca meccanicamente la composizione della tavola dell’Urbinate che il Politi osservò in Spagna al fine di realizzare la tela di Noto (21).

Note
(1) G. Di Marzo, La pittura in Palermo nel Rinascimento. Storia e documenti, Alberto Reber, Palermo 1899, p. 274.
(2) M.A. Spadaro, Raffaello e lo Spasimo di Sicilia, Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Palermo, Palermo 1991, p. 9.
(3) C. Gardner von Teuffel, Lo Spasimo di Sicilia (scheda dell’opera), in Raffaello in Vaticano, catalogo della mostra (Città del Vaticano - Braccio di Carlo Magno, 16 ottobre 1984 - 16 gennaio 1985), Electa, Milano 1984, pp. 276, 277.
(4) P. Leone de Castris, Polidoro da Caravaggio. L’opera completa, Electa Napoli, Napoli 2001, p. 381.
(5) C. Gardner von Teuffel, Lo Spasimo…, 1984, p. 276.
(6) T. Pugliatti, Lo Spasimo di Raffaello, la sua influenza ed alcuni umori di marca iberica nella pittura palermitana del Cinquecento, in Vincenzo degli Azani…, 1999, p. 49.
(7) C. Adelson, La Salita al Calvario (scheda dell’opera), in Raffaello in Vaticano…, 1984, pp. 277-280.
(8) V. Abbate, Johannes de Matta. Lo Spasimo di Sicilia (scheda dell’opera), in Vincenzo degli Azani…, 1999, p. 336.
(9) T. Pugliatti, Lo Spasimo…, 1999, p. 52.
(10) G. Di Marzo, La pittura in Palermo…, 1899, p. 152.
(11) T. Pugliatti, Lo Spasimo…, 1999, p. 52.
(12) R. Termotto, Collesano guida alla Chiesa Madre. Basilica di S. Pietro, Notiziario Parrocchiale Insieme, Collesano 2010, p. 86.
(13) W.R. Rearick, Vita ed Opere di Jacopo Dal Ponte, detto Bassano c. 1510-1592, in Jacopo Bassano c. 1510-1592, catalogo della mostra (Bassano del Grappa, Museo Civico 5 settembre – 6 dicembre 1992; Fort Worth, Texas, Kimbell Art Museum 23 gennaio – 25 aprile 1993) a cura di B.L. Brown, P. Marini, Nuova Alfa, Bologna 1992, p. LXV.
(14) G. Ericani, Andata al Calvario (scheda dell’opera), in Jacopo Bassano…, 1992, p. 32.
(15) W.R. Rearick, Vita ed Opere…, 1992, pp. XCV, XCVI.
(16) T. Pugliatti, Pittura della Tarda Maniera nella Sicilia occidentale (1557-1647), Kalós, Palermo 2011, pp. 38, 39.
(17) S. Grasso, I dipinti (secoli XVI-XVII), in Il museo diocesano di Caltanissetta, a cura di S. Rizzo, A. Bruccheri, F. Ciancimino, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta 2001, pp. 78, 79
(18) E. De Castro, Giovanni Paolo Fonduli. Andata al Calvario – Lo Spasimo di Sicilia (scheda dell’opera), in Vincenzo degli Azani…, 1999, p. 439.
(19) R.A. González Mozo, R. Alonso Alonso, Reflexión…, 2011, p. 107.
(20) S. Grasso, Le arti figurative, in La chiesa di San Giorgio in Kemonia in San Giuseppe Cafasso – contesti, cronache e committenze, Abadir, Bagheria 2009, p. 162.
(21) N. Zappulla, La Cattedrale di Noto, Edizioni La Cattedrale, Noto 1967, p. 70; G. Barbera, Andata al Calvario (scheda dell’opera), in Opere d’arte restaurate nelle provinvie di Siracusa e Ragusa IV (1993-1995), a cura di G. Barbera, Ediprint, Siracusa 1997, pp. 98-99.