Pagine

lunedì 17 settembre 2012

Dall'Illuminismo al Romanticismo


Il XVIII secolo presenta al suo interno una cesura nettissima; una "faglia" molto marcata attraversa infatti gli anni ’40: nel campo delle arti figurative il mutamento di modelli, di cultura e di stile non coincide affatto con l’inizio del secolo. E’ la "resurrezione" improvvisa delle città di Ercolano (1709) e Pompei (1748), sepolte dalle ceneri dell’eruzione del 79 d.C. e ritrovate dagli scavi, a imprimere quella svolta radicale in direzione neoclassica. La prima parte del secolo ci consegna l’immagine di una civiltà elegante, frivola, spregiudicata, dedita al lusso, alle feste e ai plaisirs dello stile rocaille.
William Hogart-Il contratto-1744 -Londra National Gallery
Lo stile rocaille consistente nell’esaltazione di un superfluo decorativismo, estraneo ai concetti di funzionalità e di comfort, costituisce l’asse portante del rococò, stile-guida del primo Settecento. Per questo stile contano la grazia, la leggerezza, l’invenzione fantastica, l’estro cromatico, la maestria nelle tecniche; in sostanza vede trionfare libertà, bizzarria e virtuosismo nelle forme sinuose e serpentinate teorizzate da William Hogarth. Nel suo trattato The Analysis of Beauty (Londra, 1753), Hogarth difende a oltranza la supremazia della linea zigzagante e ondulata, "linea perfetta della Bellezza", come riflesso del modo di procedere folgorante e arguto dell’intelletto. Il Settecento rocaille, che esalta la vita sociale e di relazione, contrappone agli spazi grandiosi e gerarchicamente scanditi dell’architettura barocca interni miniaturizzati e in sequenza, molto intimi e allegri, decorati con materiali in grado di catturare e rifrangere ogni tipo di luce e animare dinamicamente lo spazio con specchi, cristalli, stoffe cangianti, boiseries e porcellana nella gamma prediletta dei colori pastello. Analogamente, da Nymphenburg a Versailles, i parchi si popolano di padiglioni, casini, piccoli luoghi di piacere, modellati con flessibilità ed eleganza nella ricerca incessante dell’artificio, dell’arabesco, dell’esotica bizzarria. Il sogno è quello di realizzare una mitica Arcadia, dove natura e cultura convivano in una giunzione perfetta, anche se l’approdo è talvolta l’irrazionale, l’illogico, l’antieconomico. Più tardi la critica alle follie del rocaille, lanciata da un versante ormai classicista, trova specie in architettura in prima linea, in nome dell’ordine, della logica, della funzionalità e del principio di economicità, nell’ambito dei nuovi orientamenti "funzionalisti" i teorici Antoine Laugier (1713-1769), Carlo Lodoli (1690-1761) e Francesco Milizia (1725-1798). Il Laugier e il Lodoli affermano che la forma architettonica deve caratterizzare la tipologia e individuare l’uso dell’edificio stesso. In architettura la forma è bella se è funzionale.
Antonio Canova - Dedalo e Icaro- 1779 Venezia Museo Correr

Veicolo della svolta classicista settecentesca può essere considerato il viaggio in Italia. Viaggio iniziatico degli inglesi nel continente, il grand tour era praticato già negli anni di Elisabetta I (1558-1603). Solo più tardi però, elevato a sistema di conoscenza e legittimato da un trattato di Bacon del 1615 (Of Travel), diviene un’esperienza educativa irrinunciabile per le classi alte di tutta Europa. Ha una durata di circa tre anni, viene intrapreso fra i diciotto e i vent’anni di età e segue fedelmente le rotte indicate da alcune intramontabili "guide": per gli inglesi, e non solo per loro, riferimento privilegiato è Joseph Addison e il suo Remarks on Several Parts of Italy, di cui si serve anche Montesquieu. Ormai alla metà del secolo, l’Italia cercata è quella dell’antichità classica e luoghi privilegiati sono Roma, Napoli, Paestum, gli scavi di Ercolano e Pompei. 
G.P. Pannini- Galleria di vedute di Roma antica- 1758- Parigi Louvre
E’ questo incontro emozionante con l’antico, reso improvvisamente accessibile da centinaia di campagne di scavo e dalla "resurrezione" delle città inghiottite dal Vesuvio, ad accendere in Mengs, Winckelmann e Goethe il mito di una bellezza assoluta, di un’antichità incorrotta, esemplare. Quella stessa antichità, che alimenta il sogno purista e neoclassico, ispira anche le fantasie tenebrose di Piranesi o di Burke. Il mondo solare dell’illuminismo aveva infatti risvolti "negativi" e pessimisti, esplorati dall’”Enquiry into the Origins of our Ideas of the Sublime and the Beautiful” dell’inglese Edmund Burke (1756) che dà risalto alle forze trascendenti la razionalità, dove il Sublime, antitetico al Bello, "è tutto ciò che è insieme terrore e piacere", secondo una gamma di sentimenti che vanno dal visionario al tenebroso, al malinconico e al sepolcrale. Nel campo dell’arte, l’estetica del Sublime introduce una seconda polarità. Contrapposte alla bellezza esemplare di Raffaello stanno infatti la "terribilità" e il titanismo di Michelangelo che gli artisti nordici come Füssli amano fino all’esaltazione. E’da ricordare che nel 1762 il Mengs teorizza l’imitazione dei grandi maestri, Raffaello per la pittura, come strumento per giungere alla bellezza e stabilisce il binomio Classicismo = razionalità, Rococò = irrazionalità. Nel gruppo di artisti irregolari e nevrotici, che giungono a Roma dall’estremo nord (Svezia, Germania, Danimarca), Füssli è certo la figura di maggiore rilievo, quella intellettualmente più forte e più ricca culturalmente, la più adatta a incanalare entro gli argini dello stile le intuizioni oscure dell’irrazionale e dell’inconscio. Insieme alla razionalità e a quel sentimento tellurico e lunare che alimenta le premesse del romanticismo, il Settecento è attraversato anche dai sentieri dell’utopia. E’ stata essenzialmente la Francia, con l’opera degli architetti Ledoux e Boullée, a determinare la svolta verso una progettazione allusiva e concettuale, in grado di interpretare l’esigenza rivoluzionaria di monumenti simbolici in cui potesse riconoscersi la collettività. Valga l’esempio del Cenotafio per Newton, sepolcro deserto dedicato alla scienza, mai realizzato, immaginato come una sfera gigante, entro cui riversare l’immensa volta del cielo. La sfera utilizzata in alcuni progetti rappresenta la perfezione, la ragione, la sua centralità rispetto l’universo. Questo e molti altri ambiziosi progetti, corredati di piante e spaccati, giacciono nella Biblioteca Nazionale di Parigi a documento dell’eloquenza, e megalomania, incompatibili con le finanze intermittenti e precarie dei mutevoli governi rivoluzionari. La Rivoluzione del resto costruisce pochissimo, almeno sul piano delle realizzazioni durevoli, e al contrario abbatte molto, volendo dotare la città di una forma che sia insieme razionale e imponente. Così in un centro antico quale Parigi, dove il "cuore gotico" viene letto come groviglio di povertà, miseria e terreno di coltura per le ingiustizie sociali, la Rivoluzione promuove gli sventramenti in nome di una città più vivibile e giusta. Nuovi edifici si ergono nello spazio vuoto a rivendicare una doppia funzione, prospettica e socio-politica: templi e prigioni, propilei e dogane, mercati, ospedali, caserme, sono questi i monumenti della città neoclassica e i suoi nuovi fulcri direzionali. Con Diderot e l’Enciclopedia si sviluppa il pensiero illuminista (1750). Ragione e scienza sono i soli strumenti di conoscenza ed emancipazione. Gli artisti hanno una missione educativa da svolgere: l’arte, infatti, deve comunicare il suo contenuto morale e sociale. 
Con Alexander Cozens nasce il Pittoresco e quindi il cosiddetto Giardino all’inglese nel quale si fondono elementi naturali e artificiali, senza ricercare una visione di insieme che aveva invece caratterizzato i giardini precedenti.
G. P. Pannini-Rovine romane-ca.1735-Bruxelles Museo d'Arte antica
Il giardino diventa sintesi delle varietà della natura e catalogo delle varianti dei neostili architettonici. Intorno al 1730 si sviluppa in Inghilterra l’architettura neoclassica palladiana, mentre la residenza di Strawberry Hill (1745) di Horace Walpole rappresenta un tipico esempio di neogotico. Il Winckelmann evidenzia la necessità di una conoscenza sistematica e scientifica dell’antico, teorizza la necessità di distinguere tra le varie epoche e di tracciare una storia degli stili. Nel 1764 pubblica una Storia dell’Arte nell’Antichità libera dalla aneddotica tradizionale ma ancora legata all’interesse per l’evoluzione delle forme. Nasce la teoria del bello ideale: bisogna imitare e non copiare gli antichi. L’imitazione del bello della natura si ottiene attraverso l’osservazione di più modelli sintetizzati su un solo soggetto così come fecero i Greci. Si critica il Barocco perché guardava al singolo uomo come modello. Nell’opera Il Laocoonte (1766) il Lessing sostiene la distinzione tra poesia e pittura affermando che solo la prima può rappresentare l’invisibile e stabilendo quindi per la prima volta il concetto di arti figurative (architettura, scultura, pittura). Alla fine del secolo i socialisti utopisti Owen e Fourier cercano soluzioni alternative alla vita di stenti delle grandi masse di popolazione inurbate nelle misere periferie industriali. Il primo pensa a piccole comunità autosufficienti stanziate nelle campagne, il secondo alla creazione di grandi edifici (i Falansteri), dotati di servizi comuni, in grado di ospitare un numero massimo di 1620 persone. Dopo l’Impero napoleonico che rappresenta il trionfo del neoclassicismo, con la restaurazione del 1815 e la nascita degli stati nazionali dopo il Congresso di Vienna ci si avvia ad una frammentazione sia a livello politico sia individuale. Nasce il Romanticismo teorizzato dai neogotici inglesi e da pensatori e letterati tedeschi. Si ha un ritorno al medioevo (fede, sentimento, irrazionalità), vi è una crisi delle coscienze, si ha paura del presente, ci si rifugia nell’individualismo. Si preferisce sentire piuttosto che capire, in pittura al mito classico si sostituiscono i miti Ossianici, l’emozione, la sensazionalità, il coinvolgimento emotivo, le ambientazioni fosche. Nasce la figura del genio che risulta essere il tramite per raggiungere il Sublime, ossia quell’insieme di sensazioni che sono il limite superiore della percezione del bello. Geni si nasce quindi è ovvio il rifiuto delle Accademie. In architettura prevale lo storicismo e l’eclettismo, il Gothic Revival: Schinkel distingue addirittura tra un neoclassicismo civile e un neogotico religioso. In scultura il sentimento viene espresso in maniera convulsa e passionale facendo riferimento all’Ellenismo. Le teorie sulla pittura come arte specificatamente romantica trovano una consapevole applicazione nell’opera del pittore tedesco Caspar David Friedrich (1774-1840); il tema delle sue pitture si basa sul rapporto uomo-natura; natura infinita inconoscibile causa di sgomento più che di serenità (Viandante sul mare di nebbia), compito dell’artista diventa quindi non la rappresentazione fedele della natura ma l’espressione di un sentimento. In Inghilterra il tema naturalistico viene interpretato soprattutto da William Turner (1775-1851) che crea dipinti di vortici e di luce, intesi a rappresentare quei momenti eccezionali della natura (bufere, tempeste, valanghe) privilegiati dalla poetica del sublime. In Francia Delacroix (1798-1863) interpreta il romanticismo ponendo al centro della propria opera il tema della lotta, trasferendo peraltro il movimento dei soggetti nella forma irrequieta e nel colore fortemente espressivo. In Italia viene praticata la pittura di paesaggio dalla Scuola di Posillipo che si rifà peraltro alla tradizione settecentesca e ad artisti come il Piccio e il Fontanesi, i cui dipinti mostrano una sensibilità lirica nell’interpretazione della natura. La pittura di storia attira un folto numero di artisti, primo tra tutti il veneto Hayez, anche perché si presta a diventare veicolo dei sentimenti patriottici che, a causa della dominazione straniera, vengono espressi in forma allusiva rievocando episodi del passato in cui veniva esaltata la presenza del sentimento nazionale italiano. Con la fine della dominazione austriaca la pittura di storia diviene celebrativa ed enfatica; perché la pittura di storia diventi realistica bisognerà aspettare la seconda metà dell’Ottocento.